Gilgamesh sfugge alla morte e torna a casa come un eroe e un uomo tranquillo: sono rientrati in Iraq oltre 17 mila reperti antichi di epoca preistorica, assira, babilonese e islamica, che furono saccheggiati o contrabbandati durante la lunga crisi che ha scomvolto il paese mediorientale ad iniziare dall’invasione voluta nel 2003 dagli Stati Uniti per rovesciare il regime di Saddam Hussein.
Tra questi reperti c’è anche una tavoletta di argilla antica 3.500 anni che riporta una parte dell’epopea sumerica del re di Uruk, Gilgamesh, considerato il più antico testo letterario del mondo, scritto in lingua accadica. Ma numerose sono le tavolette e i sigilli con iscrizioni cuneiformi, antichi tre-quattromila anni che tornano nei luoghi di origine.
I danni al patrimonio storico e archeologico della Mesopotamia, seguiti all’invasione di 18 anni fa, sono stati enormi. Migliaia di reperti, ricorda il sito specialistico Terrasanta.net, sono così finiti nel giro del contrabbando internazionale di pere d’arte. Dopo la cacciata di Saddam Hussein l’Iraq ha attraversato anni di instabilità e violenze, culminate nell’occupazione della parte nord-occidentale del Paese da parte dell’Isis tra il 2014 e il 2017.
L’Isis è uno dei massimi responsabili delle distruzioni del patrimonio storico e artistico. Per ragioni di propaganda ha distrutto opere di collezioni museali, come quelle di Mosul, troppo grandi o conosciute per essere commerciate, ma ha sfruttato su larga scala il contrabbando di reperti per procurarsi fondi sul mercato internazionale.
La decisione degli Stati Uniti, annunciata dal presidente Joe Biden, si lega alla recente visita del primo ministro iracheno Mustafa Al-Kadhimi alla Casa Bianca, il 26 luglio scorso. Gli Usa hanno annunciato la prossima conclusione delle operazioni militari in Iraq e perciò la restituzione dei reperti assume anche un rilievo simbolico.
Le autorità statunitensi stanno ancora lavorando per recuperare opere che si trovano sul loro territorio, come ha riferito il ministro della Cultura iracheno, Hassan Nadhim. Completate le pratiche, molti importanti reperti hanno potuto fare ritorno.
Emblematico il caso della tavoletta detta “del sogno di Gilgamesh”, di circa 15 centimetri per 12, trafugata nel 2003, finita all’asta e venduta nel 2014 a un collezionista per quasi 1,7 milioni di dollari. Il facoltoso acquirente fu l’imprenditore dell’Oklahoma David Green, che ha fondato il cosiddetto Museo della Bibbia a Washington, dove la tavoletta è stata esposta alcuni anni. Nel 2019 le autorità statunitensi l’hanno sequestrata come refurtiva.
Altre migliaia di reperti sono scomparsi dall’Iraq, illegalmente portati fuori dal Paese e finiti nel mercato internazionale. Nel saccheggio del Museo archeologico di Baghdad, iniziato il 20 aprile 2003 durante l’invasione americana della capitale irachena, sparirono migliaia di pezzi (teste di statue, amuleti, avori assiri, sigilli a cilindro babilonesi).
Il Museo archeologico di Baghdad è l’istituzione con le collezioni più complete per ricostruire i primi sviluppi della cultura umana nei suoi diversi aspetti, dall’agricoltura all’arte, dalla tecnologia alla scrittura. Nei giorni immediatamente successivi al saccheggio del Museo gli americani istituirono una task force per fermare l’esportazione di reperti antichi, promettendo che non sarebbe stato perseguito nessuno che avesse restituito un pezzo mancante delle collezioni.
Nelle settimane successive, dissotterrati nei cortili o recuperati in qualche raid, ritornarono alla spicciolata numerosi pezzi trafugati, tra cui un vaso di alabastro del 3200 a.C. detto di Warka e proveniente dal sito archeologico di Uruk. Altri reperti sono stati sequestrati nel corso degli anni sui mercati internazionali di antichità in Medio Oriente e a New York. Ora il doveroso rientro di una parte di quei tesori.
(Fonte : AGI)