Nel Libro dei Morti del Papiro di Nu, conservato al British Museum di Londra, è citato: “Io sono il vostro Signore. Venite a prendere posto tra le mie file. Io sono il figlio del vostro Signore e voi mi appartenete per mezzo del Padre Divino che vi ha creato. Io sono il Signore della Vita.” Gesù pronuncerà parole quasi identiche 22 secoli dopo…
La morte di Osiride, avvolta nella leggenda, è raccontata con diverse versioni: talvolta viene rinchiuso vivo in una cassa e gettato nel Nilo, dove affogherà (in questo caso la cassa andrà a finire su di un albero di sicomoro[1], che poi – crescendo – la ingloberà); un’altra versione lo vuole smembrato dal fratello Set, che disperderà i pezzi in giro per l’Egitto (che poi Iside cerca per anni e rimette insieme, meno uno, il fallo). Esiste inoltre una versione più “ufficiale” delle altre, e per questo merita una spiegazione più particolareggiata: Osiride viene crocifisso a un albero di sicomoro, sul cui tronco era stata fissata orizzontalmente un’asse. Gli furono legate le mani e i piedi… su di un patibolo a forma di Tau, la croce.
La croce ansata, ovvero il segno Ankh, è considerato per antonomasia il simbolo della vita. Questo onnipresente archetipo, che si presenta come una T sormontata da un ovale, ha una sorte simile allo Djed, nel senso che il suo vero significato è ancora – a dir poco – incerto. Soffio vitale, chiave della vita (?!), legaccio, sandalo, nodo magico… nelle raffigurazioni è spesso tenuto in mano dagli dèi o dal Faraone, che lo impugnano nel cavo dell’ovale; talvolta, addirittura, viene imbracciato all’altezza del gomito, con il braccio piegato, proprio come si fa con una borsetta da donna. Tenendolo per il manico e avvicinando l’ovale al naso della persona raffigurata, un dio, il Faraone, o il Sommo Sacerdote, potevano infondere la vita a questa.
Andiamo per gradi: era usato dagli dèi. Lo si può osservare in mano a qualunque di loro… eccetto Osiride. Dunque, essendo morto, non poteva essere il soggetto che dà la vita, ma l’oggetto che la riceveva; impugnava invece, benché fasciato nelle bende di lino, il bastone pastorale e il flagello (i simboli della regalità). Concentriamoci ora sulla peculiarità di Osiride: si tratta dell’unico dio che muore, o per lo meno la cui morte viene raccontata con dovizia di particolari. E che dopo la morte rinasce alla vita eterna. Inoltre è interessante che la sua sposa Iside abbia concepito il figlio Horus “miracolosamente”, destinandolo a regnare sull’Egitto al posto del padre, per riunirsi a lui formando un’Unità, dopo che Osiride era già morto. Ci sono molte analogie con Gesù.
La croce Ankh. A guardarla bene, è presumibilmente la forma stilizzata di un albero con un’asse orizzontale a formare un patibolo a forma di croce… dove il fogliame consiste nell’ovale (come un albero disegnato da un bambino) sopra al Tau formato dal tronco e dall’asse. Insomma è il simbolo religioso per eccellenza, come oggi la croce. L’archetipo del patibolo. Il simbolo della resurrezione e della vita eterna. Da qui il significato simbolico di soffio vitale e le formule pronunciate dal Gran Sacerdote durante il rito di apertura della bocca: “Tu parlerai di nuovo, tu respirerai di nuovo…”
(Ecco quindi che dal racconto della morte di Osiride – e dalla similitudine con la morte di Gesù – il testo ci suggerisce il vero significato dell’Ankh: Si deve morire per rinascere a Vita Eterna, crocifiggendo e lasciando sulla croce la vecchia personalità.
Ovvero la Morte Iniziatica… Nota dell’editor.)
(Fonte:Misteria.org)