Il Giovedì Santo segna la fine della Quaresima e l’inizio del Triduo Pasquale, i giorni più importanti della Pasqua cristiana che culminano con la domenica della Resurrezione. Questi tre giorni sono il cuore dell’anno liturgico e commemorano i principali misteri legati a Gesù, come l’istituzione dell’eucaristia, la passione, la morte, la discesa agli inferi e la resurrezione.
Nello specifico, i riti del Giovedì, parte centrale delle celebrazioni della Settimana Santa, sono dei momenti estremamente significativi in quanto manifestazione tangibile dell’amore di Dio vissuta nella rievocazione di alcuni passaggi fondamentali della vita terrena di Gesù quali la lavanda dei piedi e l’ultima cena con i discepoli.
Il rito della lavanda dei piedi, narrato nel Vangelo, assume un significato profondo per i cristiani. Nel mondo antico, la lavanda dei piedi era un gesto di obbedienza e servizio eseguita da schiavi, mogli o figli rispettivamente verso il padrone, il marito o il padre.
Durante l’Ultima Cena, Gesù, il Figlio di Dio, consapevole che il suo tempo sulla terra stava per finire, decide, come segno di amore e di umiltà, di lavare i piedi dei suoi discepoli insegnando loro, in questo modo, l’importanza dell’essere umili e del servizio gratuito nei confronti degli altri.
Questo gesto di amore, disinteressato e di servizio, diventa un modello per i cristiani che sono chiamati ad imitare l’esempio di Gesù nella loro quotidianità.
Sempre nella sua ultima cena, Gesù, andando ben oltre la semplice offerta di cibo, offre il suo corpo come pane ai suoi discepoli rivelando in tal modo la sua vera natura divina e umana e mostrando come la parola si sia fatta carne in lui.
Cristo, come ci ricorda Paolo, «pur essendo nella condizione di Dio, non ritenne un privilegio l’essere come Dio» (Fil 2,6) e, di conseguenza, la sua umanità, ora, doveva essere donata. Cioè doveva compiersi il sacrificio della sua carne perché era in questa carne che quella Divinità, la Parola (Logos), si era materializzata e divenuta tale.
A Gesù, che aveva già nutrito con il pane le folle di Galilea, non rimaneva altro da dare se non il suo corpo, ovvero tutto quello che possedeva e che poteva ancora donare.
Ed è proprio nel gesto di condivisione durante la Messa in Coena Domini che possiamo sperimentare e trovare conforto e rinnovamento nel mistero della presenza viva e reale di Cristo che si dona ai discepoli e a noi nel pane e nel vino consacrati. E’ l’istituzione ufficiale dei sacramenti dell’Eucaristia e dell’Ordine, due dei sette sacramenti della Chiesa cattolica, segni tangibili della grazia di Dio.
Il «fate questo in memoria di me», pronunciato da Gesù, è significativo della Volontà Divina di continuare a manifestarsi quale presenza sempre viva e attuale del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo nella sua Chiesa. Nell’Eucarestia i fedeli sono chiamati a continuare ad incontrare Cristo in modo tangibile e a ricevere il suo corpo e il suo sangue quali nutrimento fondamentale per il loro spirito. Nell’Ordine, i ministri della Chiesa sono chiamati ad agire come Cristo stesso, annunciando il Vangelo, amministrando i sacramenti e guidando la comunità nella preghiera e nella santità.
«Secondo la mia tradizione, Dio si rivela nelle parole, vive nelle narrazioni e assolutamente non si può vedere né tanto meno toccare. Il Verbo, nel giudaismo, non si è mai fatto carne. La volta che Dio si è avvicinato di più a una qualche forma di incarnazione fisica è stato nel Tempio di Gerusalemme, dove la presenza divina era considerata più fisica, palpabile […]. Ma il Tempio è stato distrutto. Nel giudaismo dunque è la carne che si è fatta parole. E le parole sono diventate per tradizione il rifugio del popolo ebraico. […] E i bambini, nel medioevo, mangiavano dei dolci con dei versetti della Bibbia, un’immagine che io trovo toccante, ma anche, in un certo senso, profondamente triste», dice l’intellettuale ebreo, Jonathan Rosen aiutandoci a chiarire meglio questo concetto tramite la spiegazione delle differenze tra la fede cristiana e quella ebraica dove la carne si è fatta parola mentre, per i credenti in Gesù Cristo, è la parola che si è fatta carne.
In un mondo segnato dall’egoismo e dalla competizione, il gesto di Gesù durante l’Ultima Cena ci ricorda l’importanza di mettere al centro delle nostre vite la condivisione e l’amore fraterno; ci chiede di superare le divisioni e gli egoismi; ci sollecita ad essere disposti a donarci l’un l’altro senza riserve.
In conclusione, ogni volta che celebriamo l’Eucarestia, riflettiamo sul significato profondo di quel gesto di Gesù affinché il pane ed il vino offerti diventino per noi segno di una comunione fraterna e di un amore che non conosce limiti…impariamo, da quel gesto, a vivere la nostra vita con generosità e povertà di spirito, seguendo l’esempio di colui che si è fatto pane per nutrire le nostre anime.