Le piogge di diamanti potrebbero essere più comuni del previsto sui pianeti giganti ghiacciati: merito dell’ossigeno, che potenzia queste esotiche precipitazioni attraverso un processo che potrebbe essere sfruttato anche sulla Terra per trasformare la comune plastica Pet in diamanti da usare in una vasta gamma di applicazioni, dalla somministrazione di farmaci alla chirurgia, dalla produzione di sensori all’elettronica quantistica.
Lo dimostra lo studio pubblicato sulla rivista Science Advances dai ricercatori dell’Helmholtz-Zentrum Dresden-Rossendorf (Hzdr) e dell’Università di Rostock in Germania insieme ai colleghi dell’École Polytechnique in Francia e dello Slac National Accelerator Laboratory negli Stati Uniti.
In un precedente esperimento, i ricercatori avevano simulato le temperature e le pressioni estreme che si trovano nelle profondità dei giganti di ghiaccio Nettuno e Urano e, per la prima volta, avevano osservato la pioggia di diamanti mentre si formava all’interno di un materiale plastico costituito da una miscela di idrogeno e carbonio, componenti chiave dei giganti ghiacciati ma non gli unici.
Per questo, nel nuovo esperimento, gli autori della ricerca hanno deciso di usare la plastica Pet che, oltre a carbonio e idrogeno, contiene ossigeno. Usando un laser ottico ad alta potenza hanno creato delle onde d’urto nella plastica, osservando come gli atomi si riorganizzano fino a formare dei nanodiamanti: proprio grazie alla presenza dell’ossigeno, che facilita la scissione di ossigeno e idrogeno, i nanodiamanti sono in grado di crescere a pressioni e temperature inferiori rispetto a quelle osservate in precedenza.
I ricercatori ipotizzano che su Nettuno e Urano possano formarsi diamanti molto più grossi, da milioni di carati, che poi finiscono per sprofondare lentamente negli strati ghiacciati per andare a depositarsi intorno al nucleo solido di questi pianeti.
(ANSA)